
L'annuncio di General Motors nasconde un'ipotesi inquietante

04/24/2025 01:03 AM
Dopo la (fallimentare) rivoluzione aerodinamica del regolamento 2022, il futuro della Formula 1 si gioca sempre più sul fronte motoristico, e il recente annuncio della General Motors ha acceso nuovi interrogativi: la casa americana, attraverso il marchio Cadillac, debutterà ufficialmente come motorista solo nel 2029, posticipando di un anno il suo ingresso originariamente previsto per il 2028. Una scelta apparentemente prudente, ma che nasconde riflessioni strategiche ben più complesse.
Perché GM ha rimandato il debutto?
La risposta è nel regolamento tecnico: il 2026 segnerà l’inizio dell’era dei nuovi turbo ibridi, con un bilanciamento 50/50 tra motore termico e parte elettrica. Ma già si parla di una possibile rivoluzione nel 2029 (o persino in tempi più brevi): un ritorno ai V8 o V10, alimentati da carburanti completamente sostenibili, con un equilibrio 90/10 a favore della parte termica.
Un cambio che potrebbe rendere obsoleti – dopo appena tre anni – gli enormi investimenti necessari per sviluppare una power unit ibrida conforme al regolamento 2026. In quest’ottica, Cadillac ha scelto di aspettare il nuovo ciclo tecnico, evitando di bruciare milioni di dollari in un progetto destinato a durare poco.
Ma tre anni bastano?
Per quanto riguarda General Motors gli interrogativi principali riguardano principalmente la tempistica. Il punto cruciale resta la credibilità tecnica: è davvero realistico pensare che GM possa sviluppare in soli tre anni un motore affidabile, competitivo e leggero, capace di tenere testa a colossi come Ferrari, Mercedes, Honda o Audi?
Secondo le prime stime, le nuove power unit del 2029 saranno fino al 65% più economiche e circa 80 kg più leggere rispetto ai motori ibridi in arrivo nel 2026. Un vantaggio teorico, certo, ma che non riduce la difficoltà di progettare da zero una unità performante.
GM ha già mosso i primi passi: ha creato una nuova divisione chiamata GM Performance Powerunits, guidata da Russ O’Blenes, e aprirà un centro motori dedicato nei pressi del Charlotte Technical Centre nel 2026. Ma la sfida resta enorme.
Perché GM vuole essere motorista?
Un altro interrogativo è: perché Cadillac (GM) vuole costruire il proprio motore? La risposta va oltre la F1. È una questione di branding, innovazione e prestigio tecnologico. Portare in pista un motore completamente “Made in USA” significa lanciare un messaggio forte: GM vuole essere protagonista, non comprimaria.
Inoltre, un progetto motoristico di alto livello può generare ricadute su tutta la gamma produttiva dell’azienda, diventando un laboratorio avanzato per tecnologie ibride e sostenibili da trasferire ai modelli stradali, che poi è quello per cui nasce il Motorsport, ovvero essere una vetrina di soluzioni tecniche innovative.
Regolamenti fallimentari. È arrivato il tempo di più libertà tecnica, meno vincoli?
Questo è il punto più preoccupante e riguarda l'intero Circus Iridato. Dopo la rivoluzione aerodinamica del 2022, che ha clamorosamente fallito l’obiettivo di favorire lo spettacolo e i sorpassi (nonostante l’introduzione dell’effetto suolo e la semplificazione delle forme aerodinamiche per ridurre le turbolenze in scia), ora ci si interroga sulla bontà della prossima rivoluzione motoristica. I timori sono gli stessi: troppi vincoli tecnici potrebbero ridurre la varietà progettuale, creare gap incolmabili e congelare le gerarchie. È opinione di chi scrive che servirebbe invece forse una semplificazione delle unità propulsive e una maggiore libertà tecnica, sempre all’interno di un budget cap rigoroso per non aumentare il divario tra grandi costruttori e scuderie indipendenti. Solo così si potrà davvero riaccendere la competizione in pista.
Il contesto regolamentare 2026, se da un lato ha attirato grandi nomi come Honda (di nuovo in F1), Audi, Ford e GM, dall’altro mostra chiaramente i limiti di un sistema troppo rigido e costoso. Un esempio emblematico è Renault, che ha ufficialmente deciso di abbandonare il ruolo di motorista a partire dal 2026. Il motivo? Un rapporto costi/benefici disastroso, con performance deludenti sul piano tecnico e ritorni d’immagine insufficienti rispetto agli investimenti.
Questo deve far riflettere: per attrarre e mantenere costruttori, la F1 non può più permettersi un ecosistema che premia solo chi può spendere di più lavorando e investendo milioni per soluzioni tecniche che funzionino nelle zone grigie del regolamento. L’equilibrio tra tecnologia, costi, libertà progettuale e show sarà cruciale per evitare che la categoria si trasformi in una vetrina per pochi privilegiati. E la semplificazione delle power unit, insieme a una regolamentazione più flessibile, potrebbe essere la chiave per un nuovo ciclo virtuoso. Lo sa la FIA, con le sue incoerenze, lo sanno i protagonisti del World Motor Council, con i dubbi e preoccupazioni di queste settimane, e in fondo lo sanno tutti.
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Immagine di copertina generata con IA