Aston Martin - Vanquish, la seduzione dei 12 cilindri - VIDEO

Ci sono le Aston Martin, e poi c'è la Vanquish: semplicemente, il compendio di tutto ciò che a Gaydon sono capaci di fare, condensato in una macchina stradale. Dietro le sue meravigliose forme non c'è soltanto un secolo di storia elegante e purissima, ma pure una tecnologica artigianalità. Anche se tutto ruota ancora intorno al caro, vecchio universo fatto di cilindri e pistoni.

Il magnifico. Nella fattispecie, si tratta di un V12 biturbo di 5.2 litri semplicemente maestoso, capace di inviare alle ruote posteriori 835 CV e ben 1.000 Nm. Tali (esplosivi) dati arrivano da un profondo lavoro di rivisitazione, tanto che si può affermare che ci troviamo di fronte a un cuore nuovo, dal monoblocco alle teste. Le giranti dei due turbo ruotano più veloci del 15%, per inviare una maggior quantità d'aria al motore, e prevedono una specifica funzione che le mantiene in pressione pure ai carichi parziali, per eliminare il ritardo di risposta quando premete a fondo l'acceleratore.

Due anime. L'esercizio, come potete immaginare, crea dipendenza: la gloriosa e gutturale melodia del V12 e le prestazioni straordinarie di cui è capace - 345 km/h di punta e 3,3 secondi nello 0-100 - ti trasportano in un mondo parallelo. Ci sono due anime, in questa Vanquish: la prima è quella sorniona e composta che potete sperimentare fino a circa 3.500-4.000 giri. Poi, si aprono le porte dell'iperspazio: in un attimo e con un sound adeguatamente pungente (è possibile avere l'intera linea di scarico in titanio), verrete catapultati in un'altra dimensione. Non è tanto una questione di ampiezza di giri (qui ci si ferma ai 6.500, il V12 della Ferrari 12Cilindri arriva a quota 9.750, per dire), quanto di forza vellutata ma brillante, viva.

Accorgimenti giusti. La Vanquish è sempre controllata da uno chassis a punto: oltre agli ammortizzatori adattivi Bilstein DTX qui c'è anche l'E-diff, differenziale a controllo elettronico in grado di passare da completamente aperto a tutto chiuso in soli 135 millisecondi. In ingresso ti aiuta a inserire il musone in curva, e, in uscita, puoi sentirlo distribuire la valanga di Nm in modo nitido, utile e coerente. Se vuoi puoi andare fortissimo, ma la Vanquish (1.776 chili a secco) non è e non vuole essere il genere di animale con cui limare secondi nel tempo sul giro.

Compostezza british. Lei te la godi sul misto veloce, con lo sterzo a disegnare traiettorie precise, avantreno e retrotreno che ti vengono dietro in modo coordinato e piacevolmente rotondo. Senza leggerti nel pensiero con quella scaltrezza tipica delle Ferrari nel recepire gli input, ma con un gusto ugualmente speciale. Frenata (carboceramica) da urlo, inserimento e di nuovo giù sul gas: un esercizio che ripeteresti all'infinito. E ogni cambiata - a gestire i Newtonmetro c'è il solito ZF a 8 rapporti - è un vero e proprio viaggio in un caleidoscopio di sensazioni.

Cura nel dettaglio. Sensazioni che ti pervadono già quando sali a bordo: pellami di grande qualità e personalizzabili, ponte di comando molto simile a DB12 e Vantage. Solo, con un tunnel meno ingombrante. Ma sempre infarcito di tasti veri, di metallo, per raggiungere in un attimo la funzione che desideri. Il resto dell'abitacolo lo fa la zona posteriore, nel senso che la Vanquish è una due posti secchi: volendo, dietro gli schienali puoi sistemare elegantissime valigie su misura confezionate da Schedoni. Uno dei numerosi punti di contatto fra lei e il mondo di Maranello: la sfida con la 12Cilindri è appena cominciata.

×