Dongfeng - Ordine di Pechino: stop alla fabbrica in Italia

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I dazi dell'Unione Europea sulle elettriche cinesi rischiano di rivelarsi controproducenti per il governo italiano e i suoi propositi di convincere un costruttore del Dragone a investire nel nostro Paese. Secondo indiscrezioni dell'agenzia Bloomberg, Pechino sta facendo pressioni sulle sue Case affinché sospendano le strategie di espansione commerciale e produttiva nel Vecchio Continente. Il motivo? Le crescenti tensioni commerciali con Bruxelles causate proprio dalle possibili tariffe doganali. E tra i progetti fermati figura anche quello del possibile insediamento industriale in Italia della Dongfeng, l'azienda su cui il nostro esecutivo ha scommesso maggiormente

 

L'ordine di Pechino. In particolare, le autorità centrali avrebbero espressamente richiesto ai costruttori di sospendere le ricerche di siti produttivi, di non firmare alcun accordo commerciale e, in generale, di mantenere un "basso profilo" in Europa mentre sono in corso i negoziati con Bruxelles per individuare una soluzione alla questione dei dazi. Del resto, non si tratterebbe di una semplice richiesta, bensì di un vera e propria direttiva, per quanto non vincolante. Tuttavia, è noto come eventuali ordini in arrivo dalle autorità centrali vengano rispettati alla lettera dalle aziende cinesi, ancor di più se di proprietà statale o comunque legate all'apparato pubblico. Tra l'altro, l'ordine non sarebbe legato solo ai dazi: i funzionari cinesi sarebbero preoccupati anche della potenziale sovracapacità produttiva determinata in Europa da una difficile transizione verso l'elettrico e dalla scarsa domanda di auto cinesi da parte dei consumatori europei.

Gli altri stop. La Dongfeng ha già informato le nostre autorità della sospensione del progetto, attribuendo la decisione al sostegno manifestato pubblicamente da Roma alle politiche protezionistiche europee. Tuttavia, l'azienda di Wuhan non è la sola ad aver frenato la sua espansione. La Changan ha annullato un evento previsto a Milano per la presentazione delle sue strategie di ingresso in Europa, mentre la Chery ha posticipato all'ottobre del 2025 l'avvio della produzione di veicoli elettrici nell'impianto di Barcellona rilevato con la spagnola Ebro e ha messo sotto esame l'intero impianto della programmazione produttiva. In ogni caso, i costruttori cinesi rimangono attratti dall'Europa per due motivi: possono vendere le loro auto a prezzi più alti che in madre patria e non devono subire la guerra dei prezzi in atto sul mercato cinese. Per questo, la BYD non ha frenato sul suo progetto per una fabbrica in Ungheria e, di recente, ha scelto la Turchia per aggirare i dazi di Bruxelles: l'azienda di Shenzhen investirà 1 miliardo di euro per produrre elettriche da esportare nel Vecchio Continente senza dover pagare alcuna tariffa doganale grazie all'accordo di libero scambio tra Bruxelles e Ankara. 

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