
Jeremy Seewer: "Con Ducati è stata più dura del previsto, ma ora abbiamo trovato la strada giusta"

04/26/2025 04:56 AM
È stato un inizio di stagione MXGP 2025 piuttosto impegnativo per Jeremy Seewer, che ha intrapreso un nuovo capitolo con Ducati. Dopo le prime difficili gare è riuscito a conquistare il podio nel GP di casa dimostranto che il lavoro fatto sta dando i suoi frutti. In questa intervista sincera rilasciata a Kevin Frelaud di Dailymotocross.fr, Seewer racconta le difficoltà nel lavorare su un pacchetto completamente nuovo, ripercorre le dinamiche politiche che l'hanno portato a scegliere Ducati, e parla apertamente del proprio futuro.
Quando hai firmato con Ducati, sapevi che sarebbe stata una sfida. Ma ti aspettavi fosse così dura sin dalle prime gare?
Seewer: No, sinceramente no. In Argentina era iniziata abbastanza bene: quarto il sabato, sesto in gara-1. Poi in gara-2 sono caduto alla partenza e ho preso una botta alla testa. Da lì è andata un po' in calando.
Anche le condizioni di gara non ci hanno aiutato: la Spagna è stata davvero tosta, e non puoi allenarti in quelle condizioni. Quando arrivi su una pista del genere con una moto completamente nuova, non sai mai come risponderanno sospensioni, telaio, motore…
Ma il bello è che sappiamo sempre il perché delle difficoltà. Non siamo mai stati "persi". Anche in Francia, che è una pista che mi piace, le condizioni erano strane. Ma a Riola, nella seconda manche, abbiamo davvero iniziato a trovare la direzione giusta. Con Ducati partiamo davvero da zero. Loro vincono tutto in MotoGP, ma il motocross è tutta un'altra storia. Quella conoscenza non ti porta molto lontano qui. Però stiamo lavorando bene.
Con un progetto tutto nuovo, riesci a capire subito cosa non funziona? Oppure è tutto talmente nuovo che ti senti un po' sopraffatto?
Seewer: È un po' entrambe le cose. Ti abitui ai problemi e a volte ti serve uno sguardo esterno per rendertene conto. Però conosco bene cosa voglio dalla moto, dove perdo tempo, dove mi manca velocità. Riesco a sentire cosa fa la moto, se il motore è giusto o meno… quindi sì, so cosa c'è da migliorare.
Ma nel motocross, se perdi il ritmo dei primi, lo perdi in fretta. E se la moto non ti aiuta, anche tu come pilota perdi quell'ultimo 2% che fa la differenza. Quando torni lì davanti, però, anche tu fai uno step in avanti, e allora tutto si allinea. È questo che rende il motocross uno sport così bello: non è solo la macchina, ma il pilota, la fiducia, l'insieme.
Immagino che adesso tu faccia ancora tanti test durante la settimana. È un cambiamento rispetto al passato, quando potevi concentrarti più sulla preparazione fisica?
Seewer: Cerco di non esagerare con i test, perché so che non bastano per portarti al livello top. Non sono pagato per fare il collaudatore, anche se in parte lo devo fare. Ma adesso, da un paio di settimane, abbiamo trovato un pacchetto su cui possiamo iniziare a spingere davvero.
Cerchiamo di combinare al meglio test e allenamento. Ma non è come per uno come Gajser, che conosce la sua moto da anni: lui va in pista, fa manche su manche e tira fuori il massimo. Io invece devo ancora capire, testare, adattare… è diverso.
Non ti chiedo perché hai lasciato Yamaha nel 2023, ma volevo toccare il tuo passaggio in Kawasaki. Si dice che non ti trovassi con la moto, perché era fatta su misura per Romain. Quanto c’è di vero? E che bilancio fai di quell'esperienza?
Seewer: A volte mi chiedo anch'io perché ho lasciato Yamaha: stavo vincendo, avevo tutto. Ma a livello politico le cose non andavano. Non volevano continuare con me, nonostante fossi quello che portava podi, vittorie, risultati. Hanno scelto un altro pilota, per loro più importante.
Per principio, ho deciso di andarmene. E anche se oggi so che quella scelta mi ha causato qualche grattacapo, la rifarei. Non voglio svendermi, so quanto valgo.
Quando è arrivata Kawasaki, ero entusiasta. Ma appena ho provato la moto, ho capito che c'erano problemi. Mi dissero "li risolviamo", ma poi… non si poteva cambiare nulla.
È vero: la moto era fatta per Romain, e lui ha uno stile di guida davvero particolare. Per me non funzionava. Hanno impiegato troppo tempo ad adattarla, e quando è stato il momento di decidere il mio futuro, non era cambiato nulla. Alla fine abbiamo migliorato un po', ma sapevo che lì non avrei mai potuto esprimere tutto il mio potenziale. Così ho scelto una sfida ancora più grande con Ducati.
La moto Ducati è stata sviluppata da Cairoli e Lupino. A differenza di Kawasaki, qui hai più libertà e possibilità di dire la tua?
Seewer: Sì, decisamente. Ora la direzione è quella che voglio io. Onestamente, non penso che l'anno scorso abbiano fatto molto sviluppo con Cairoli e Lupino. Dovevano solo portare una moto in gara, era l'inizio.
Ora, invece, tutto lo sviluppo lo sto facendo io. Sì, non sono un collaudatore… ma lo sono comunque. Sono molto tecnico, so cosa serve. Anche Tony ha corso ad Arco con componenti che ho contribuito a sviluppare io.
Mattia (Guadagnini) è un gran bel compagno di squadra. È giovane, con la testa sulle spalle. Ogni volta che troviamo qualcosa di buono sulla mia moto, il giorno dopo è sulla sua. E lui dice "wow, mi piace!". Quindi sì, è il mio ruolo e me lo prendo volentieri.
Il rapporto con il compagno di squadra può cambiare molto le dinamiche interne, no?
Seewer: Assolutamente. E Mattia merita davvero di ottenere buoni risultati. Lavora sodo, ha avuto sfortuna in passato, ma è un bravo ragazzo.
Ovviamente vuoi sempre battere il tuo compagno, ma a volte capita che non ti piaccia proprio come persona. Con Mattia non è così.
Parlando di giovani: sei uno dei veterani ormai. Com'è cambiato il tuo approccio rispetto a quando avevi 19 anni?
Seewer: Alla base non è cambiato molto. Il motocross resta quello, ma cerchiamo ogni anno di fare un passo in più: allenarci meglio, recuperare più in fretta, essere più forti. Non siamo mai abbastanza bravi, ogni stagione si costruisce su quella precedente.
Quando sei giovane, non hai esperienza. Vai forte solo con l'istinto, apri il gas e vedi che succede. Col tempo, invece, ragioni di più. Hai esperienza, calcoli.
Ma alla fine si bilancia: i giovani vanno fortissimo d'istinto, io invece vivo di esperienza. E devo dire, ora che ho 30 anni, fisicamente non mi sono mai sentito così in forma. Il corpo è al top. È la testa che cambia con l'età – pensi di più, è normale.
Se potessi rifare una gara, quale sceglieresti?
Seewer: Il mio GP di casa, in Svizzera, nel 2016 o 2017. L'atmosfera era pazzesca, tribune piene, pista incredibile… mi venivano i brividi a ogni giro. Le gare che ho vinto non le rifarei: quando vinci vuol dire che è andato tutto perfetto, e non è facile ripetersi.
Immagina che David Luongo ti dia le chiavi della Infront Moto Racing e ti dica "puoi cambiare solo una cosa". Cosa faresti?
Seewer: Pagherei i piloti, renderei questo sport più attrattivo, punto.
Negli USA c'è il programma "contingency" per i privati, che aiuta anche chi non è ufficiale. Pensi che anche i costruttori europei dovrebbero contribuire di più in questo senso?
Seewer: Credo che i costruttori stiano già pagando tanto: sponsorizzano il campionato, pagano i piloti, spediscono le moto… tutto.
Se devono pagare ancora di più, non lo so. Secondo me il problema è altrove. Non voglio entrare troppo in certi discorsi, preferisco concentrarmi sul mio lavoro.
Detto ciò, in America – soprattutto nel Supercross – girano molti più soldi. Ma penso che anche qui, in Europa, potremmo far crescere il nostro sport.
Siamo diversi, certo. Ma il motocross europeo ha tanto potenziale.
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