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Cosa impedisce di importare il "modello" Rally di Svezia?
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02/19/2025 04:24 PM
Prima di addentrarci in questa analisi e serie di considerazioni è importantissimo fare una premessa: ero presente sulle prove speciali del Rally di Svezia ed ogni tipo di ragionamento è sicuramente condizionato da un livello di euforia e soddisfazione che ho provato raramente in quasi dieci anni di gare in giro per il mondo a nome di Rallyssimo. Tredici prove speciali viste su diciotto non mi erano mai capite e, forse, non mi ricapiteranno mai più.
Ora posso partire e provare ad analizzare quanto ho visto e penso possa essere utile imparare da questa nostra esperienza in terra svedese. Perché, aldilà dell’aspetto meramente sportivo, ho passato cinque giorni a guardandomi intorno e a raccogliere spunti davvero notevoli in un rally che, di fatto, funziona alla grandissima. E trarne insegnamento potrebbe solo fare bene a tante altre gare.
Ma andiamo per gradi e vediamo insieme i singoli aspetti che mi hanno colpito
Logistica, cultura e mentalità
Non credo che avrei mai visto Umeå se non fosse stato per un rally, forse anche il resto della Svezia. Venendo dal mare non ho un buon rapporto coi posti freddi, la neve, il ghiaccio e i molti strati di vestiti. Una città moderna che “sopravvive” alla grande ai limiti imposti dal trovarsi lì, a non troppi chilometri dal circolo polare artico.
Una città moderna in tutto che ha saputo cucirsi addosso un evento importante come può essere una tappa del World Rally Championship. Portandoselo perfettamente nel suo cuore, il centro della città, a pochi passi da una spettacolare vista su un fiume perlopiù ghiacciato (e lungo la riva ci hanno fatto lo shakedown in favore della fantasia di tutti i fotografi del mondo) e con tutta l’evoluzione in termini di servizi che forse solo la Svezia può offrire.
Il resto lo fanno gli svedesi che, al contrario di quello che si può pensare, accolgono il popolo dei rally con piacere e gentilezza. E me ne sono accorto da subito, da quel “Have a good rally…” pronunciato dal padrone di casa un attimo dopo averci lasciato le chiavi. E che meraviglia nel sentirsi salutare e ringraziare per aver partecipato da ogni commissario. E poi quella bambina che piangeva per il rumore troppo forte delle auto e quel membro della sicurezza che tira fuori dei tappi dalla tasca. “Amazing” è uscito da solo dalla mia bocca e io, di norma, in inglese non parlo.
Un mix di cultura e mentalità di chi sa riconoscere che un evento del genere porta in città tante nuove opportunità che fanno tanto bene a chi dell’evento gode e chi per certi versi lo subisce.
La Red Barn Arena compensa un’assistenza forzatamente inesistente
Il freddo, di fatto, taglia fuori completamente un possibile coinvolgimento dell’assistenza. I team sono giustamente blindati all’interno delle loro tende riscaldate ed aprirle vuol dire soffrire per qualche minuto. Va da sé che per il pubblico non resta molto da vedere ed una camminata rapida è più che sufficiente, soprattutto per chi non ha un pass media che permetta di entrare un po’ meglio nei meandri della gara.
Ma poi c’è l’Arena e tutto cambia. Mentre televisivamente avevo pensato fosse la solita prova spettacolo con cui aprire la gara, dal vivo ho potuto constatare che si tratta di un vero e proprio punto nevralgico dell’evento. Fuochi accolgono il pubblico infreddolito, eventi a completamento della gara intrattengono i momenti di attesa, la musica non si ferma un secondo, c’è anche da bere e da mangiare e la prova in sé può essere vista senza problemi per quattro volte senza rivedere lo stesso scenario.
Certo, non è il tipo di contesto rallystico a cui siamo abituati ma il sabato e la domenica era strapieno di famiglie con bambini, arrivati coi mezzi pubblici. Se non fa bene questo ai rally, non so cos’altro possa farlo.
Il pubblico è messo nelle condizioni di pagare con piacere
Sì, per vedere la gara in Svezia si paga. 130 euro per avere accesso libero ad ogni prova per tutto il weekend e circa la metà per i pass giornalieri. Detto che certe prove valgono sicuramente quel prezzo, la verità è che a fronte di quel prezzo c’è un vero e proprio servizio che merita di essere remunerato.
Su ogni prova c’è almeno un campo opportunamente ripulito dove si parcheggia in modo composto e in modo da poter uscire in modo veloce ed ordinato. Il personale aiuta le macchine incastrate nella neve, supporta le manovre una ad una nelle strade più strette, garantisce punti di ristoro gestiti direttamente dall’organizzazione della gara.
I marshall gestiscono il pubblico con un mix di precisione ed educazione ed evitare di mettersi in zona pericolosa diventa quasi una questione di rispetto più che di responsabilità. Ah, ogni zona aperta al pubblico segnata nel programma è raggiungibile da metri e metri di sentiero ripulito dalla neve e facilmente calpestabile e c’è un passaggio che viene aperto e chiuso dal personale per poter attraversare la prova quando i passaggi non sono ancora finiti.
Sicuramente non ho visto e sto dimenticando altro ma, penso che già così sia abbastanza per farsi un’idea di cosa voglia dire “pagare un rally”.
Un marketing vero, che funziona e crea opportunità
Mi ero già caricato a casa nello studiare il sito internet della gara e la sua area dedicata al merchandising. Sul posto è tutto ancora più amplificato ed invoglia a portarsi a casa un po’ di questo evento magico. Il risultato è che una persona su due ha in testa un cappello ufficiale (che costa 25 euro) e l’impatto anche dal punto di vista visivo è straordinario. Anche i supermercati le vendono, unitamente ai biglietti per accedere alla gara. Tutto e tutti a disposizione dei rally, con tutto quel che ne consegue dal punto di vista del ritorno economico.
Un’integrazione perfetta di luoghi, spazi e persone che catapultano gli appassionati in una bolla temporale a base di rally. Un modello che andrebbe vivisezionato, studiato ed insegnato a tutte le gare del mondo. Per togliere al pubblico la nomea di “problema da gestire” e farlo diventare “risorsa da coinvolgere” e far tornare la gente a godere delle gare, in un ambiente in cui lo sport che si ama resta un piacere e non una fatica.
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