Il paradosso dei rookies: investimento per il futuro senza tempo di crescere

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Franco Colapinto aveva in mano la Formula 1: tutti parlavano della sua velocità, del fatto che stesse mandando Albon "in crisi", dei suoi punti, di come i fan lo adorassero. L'argentino era passato dall'essere praticamente uno sconosciuto al primo candidato per un sedile in Red Bull o in VCARB, un talento che valeva quasi 20 milioni di euro. In poche settimane, però, il suo castello è crollato. Sotto la pioggia del Brasile ha pagato l'inesperienza, mandando nel muro la sua monoposto sia in qualifica come in gara, e qualche giorno dopo, a Las Vegas, ha spinto troppo oltre il limite della sua Williams, restando vittima anche di uno spaventoso incidente; i DNF del Qatar e di Abu Dhabi non hanno aiutato il suo palmares, sebbene fosse spettatore innocente, e ormai il suo valore di mercato era crollato. 

In pochi giorni il giovane si è trovato inghiottito a pieno nel vortice della Formula 1, dove puoi restare se performi sin da subito o se porti notevoli quantità di soldi. Un mondo dove basta fare bene due volte per essere sulla bocca di tutti, per poi diventare un giocattolo vecchio appena si sbaglia. Nell'ambiente si cercano sempre rookies, ci si lamenta quando non ci sono ma non viene dato loro tempo per migliorare e crescere. D'altronde è tutto un business, ogni punto porta introiti e ogni incidente costa troppo, soprattutto per i team meno abbienti. In tempi recenti, solo la McLaren ha potuto coprire il rischio di dare un sedile a debuttante, e adesso è stata ricompensata a pieno; al contrario, altre squadre sono rimaste scottate dopo aver scommesso su promesse rimaste incompiute. 

Oramai un novellino sogna una carriera come quella di Verstappen, cresciuto tra molti incidenti ma con la "libertà" di farli, sebbene non gli mancassero le critiche e le sgridate nel garage della Red Bull.Quello che le squadre ora guardano dei rookies è l'adattabilità, quanto tempo ci impiegano a prendere sicurezza con la vettura, più che i risultati nelle categorie minori. Basta vedere Oliver Bearman, che si è garantito il sedile con la Haas andando forte con la Ferrari a Jeddah, con alle spalle solo pochi minuti di pratica; poco importa che (Prema a parte) sia arrivato solo 12esimo in Formula 2. Alle squadre di bassa classifica servono garanzie di ragazzi solidi, che non gravino sul loro budget. E per chi non ha grandi risorse da investire nelle academy o troppi test con vecchie vetture, la soluzione diventa il ricambio costante di piloti, sottoposti a una grande pressione dai loro successori già presenti nei box. Lo sa bene Doohan, che a quanto pare ha solo sei gare per mostrare di cosa è fatto, altrimenti Colapinto da preda diventerà predatore. D'altronde il gioco è questo, "Avanti il prossimo, gli lascio il posto mio".
 

Foto copertina x.com

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