Red Bull ha smesso di barare? Il primo weekend dopo il «T-Tray gate» nasconde una certezza

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La Red Bull si è presentata ad Austin ricoperta da una nube di dubbi e domande sul T-Tray, un sistema volto a regolare l'altezza del plank (la parte frontale del fondo) che sarebbe stato utilizzato - illecitamente - in regime di parco chiuso.

Ricordando un famoso modo di dire, "tre indizi fanno una prova", ma forse in questo caso ne bastano due; e il primo indizio sulla possibile irregolarità commessa ce lo dà l'ennesimo accordo segreto siglato con la FIA.

Esattamente come successo con il motore Ferrari cinque anni fa, parliamoci chiaro: se una scuderia sa di non poter essere trovata colpevole, non ha bisogno di accordarsi in alcun modo. O almeno, questo viene da pensare se si guarda alla faccenda con raziocinio.

Un primo indizio che porta a qualcosa di sospetto ce l'abbiamo, e l'altro l'abbiamo visto in pista nel weekend di gara...

La Red Bull ha perso la sua caratteristica: è una pura coincidenza?

Sin dall'inizio della nuova era regolamentare con monoposto ad effetto suolo (2022), spicca un dato clamoroso che individua una caratteristica della Red Bull: l'essere più competitiva in gara piuttosto che in qualifica.

Il dato in questione è il seguente: nelle ultime tre stagioni, le pole position conquistate dal team di Milton Keynes ammontano a 30, mentre le vittorie a 45.

Ciò cosa comporta? Che, evidentemente, la vettura aveva un gran vantaggio sui rivali nelle corse. E quando potrebbero essere state effettuate le modifiche con il T-Tray in parco chiuso? Esattamente, tra qualifica e gara.

Insomma, vista la semplicità di utilizzo del sistema, ai meccanici della squadra sarebbe bastato un banale lavoro passato inosservato per garantirsi un significato vantaggio alla domenica. 

È un caso, infine, che Verstappen ad Austin era il più veloce praticamente in ogni giro di qualifica, mentre in gara non c'è stata storia con la Ferrari (e forse era anche inferiore alla McLaren)? Ai posteri l'ardua sentenza...

 

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